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A passo d'uomo. La compagnia di San Salvo
Ero già barese da 39 anni quando ho deciso di incontrare i pellegrini di San Nicola.
I loro canti e le loro litanie avevano reso speciali le mie feste patronali bambine, ma come spesso accade crescendo, alcuni ricordi si erano allontanati talmente tanto da diventare tradizioni, quasi leggende.
Mi sono chiesta se ci fossero ancora compagnie che arrivavano a Bari a piedi e che tanto mi affascinavano per il clima di stanca avventura che in loro vedevo. Da riscoprire una tradizione, però, mi sono ritrovata a riflettere sul romanzo dell’ordinario; a riflettere sul cammino quale metafora della vita e sulle vite dei singoli come dinamiche interscambiabili di un unico schema universale.
Ho camminato con la compagnia di San Salvo per sei anni, scoprendo che camminare insieme significa generare una dimensione parallela in cui racconti e vicissitudini si fondono come note di una stessa sinfonia in un’unica grande opera cadenzata dallo stesso ritmo.
Dallo stesso passo.
E se la figura dritta, signora di sè stessa, rimane un privilegio legato all’uomo, allora camminare eretti significa essere umani. E camminare insieme significa allora trovarsi di fronte ad una parte di umanità tutta, che va avanti.
All’incirca all’età di 4 anni, ho subito uno strano incidente. A naso in sù, sulle spalle di mio padre, stavo assistendo ad uno spettacolo di artisti di strada quando un contrappeso di ferro è precipitato da diversi metri di altezza sulla mia arcata sopracciliare destra guidandomi in un breve coma.
Al mio risveglio dovevo subire un’operazione chirurgica ma, poche notti dopo, mia madre ha sognato una donna bellissima con un drappo celeste e due rose sui piedi. Non mi sono mai più operata e, senza di certo poter gridare al miracolo, il medico mi ha riconsegnata alla mia infante vita con sì una cicatrice in più ma con una grande emozione da elaborare in tutta la mia vita. La mia frattura si era ricomposta ed io non avevo risposte.
Questo episodio ha da sempre segnato il mio percorso, il mio cammino, portandomi costantemente in un “dentro e fuori” la fede che ha influenzato non di poco le mie scelte.
Non di meno la scelta di seguire questo pellegrinaggio che tanto appartiene alla mia baresità e alla baresitá dei miei concittadini.
La fede semplice, le piccole forme di fede, sono un po’ il motore delle mie ricerche; il piccolo spazio che si genera in queste forme racchiude l’essenza della vita stessa, in cui i bisogni, le alternanze, le incertezze che da sempre accompagnano l’umanità, si interscambiano mostrando il soffio vitale che in ognuno di noi alberga silenzioso e, spesso, dato per scontato.
Parafrasando Gianluigi Gherzi nella sua “ Ti aspetto nella mia casa a disordinare”, qualcuno deve ricordarci che siamo mondo e credo che questa consapevolezza possa risiedere solo nello stupore che avvolge la semplicità, la dimensione ordinaria.
Io ho avuto la fortuna di esperire questa semplicità facendomi guidare dalla “Compagnia di San Salvo” alla scoperta dell’umanità. Attraverso questa piccola forma di fede, ho trovato nell’arte del camminare e del peregrinare, tante tracce dello vita in sè stessa, con le sue tante strade, le sue salite e le sue discese, i suoi momenti di stanchezza, le voci di conforto, i traguardi raggiunti e il superamento di tante difficoltà verso una nuova alba.
Ai miei amici pellegrini va la mia infinita gratitudine perché attraverso la loro umanità in cammino, ho sentito la mia stessa umanità. E camminando con loro verso la mia città, verso il mio Santo Patrono, il mio mondo si è espanso lasciandomi respirare il presente, il qui e ora.
E questo sì che è un vero miracolo.
A voi, miei amici, va tutta la mia umanità.
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